Francesco Idotta

PASSEGGIANDO TRA LE CITTÀ INVISIBILI

“Di quest’onda che rifluisce dai ricordi la città s’imbeve come una spugna e si dilata […] ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, nei corrimani delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole”. Così scrive Italo Calvino ne Le città invisibili, romanzo pubblicato nel 1972, scritto con la tecnica della letteratura combinatoria. Tra le vie delle città invisibili si “ rivela” la storia, la micro-storia, “scritta” dal respiro e dal sangue dei cittadini comuni, quelli che si susseguono, generazione dopo generazione, senza lasciare impronte individuali significative, ma solamente linee, che il tempo tende a cancellare. Di una città, nella mente del visitatore, non rimane un ricordo esatto, ma delle
sensazioni che trasformano il visto in desiderato, in un qualcosa che è frutto di sensazioni e produce ispirazioni. Le mura e la gente di un luogo possono toccare corde che mai si sarebbe pensato potessero esistere nella nostra mente. Il sole che trafigge le finestre di un palazzo è un evento miracoloso, non per se stesso, ma perché agli occhi di un singolo “passeggiatore”, che guarda in modo diverso da tutti gli altri, esso, il sole, va a scongelare un ricordo inconscio e spesso doloroso.

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