Anna Guzzi

LA SCRITTURA DEL CORPO TRA POESIA E FINZIONE NARRATIVA

Per giustificare la presenza di un testo poetico in un saggio di taglio scientifico sarà bene ricordare il dialogo fantastico, ispirato a Leopardi, con il quale Franco Brioschi, qualche tempo fa, esprimeva le sue riserve nei confronti del feticcio del testo e della letterarietà oggettiva. Così tra le pagine de La mappa dell’impero, un Plotino menardiano poteva far proprie le parole di Popper, sottolineando come si debba distinguere tra «“l’ampio dominio della razionalità e il ristretto campo della certezza razionale”. Se aveste tenuto conto di questa avvertenza, ed esplorato questa corona circolare che abbraccia il minuscolo regno della dimostrazione, oggi le sirene dell’ oblio non rappresenterebbero l’unica scelta». Il testo poetico va inteso, quindi, come una umilissima e insignificante scheggia di tale corona circolare che comprende il valore delle scienze umanistiche e, nella fattispecie, il legame di ogni poeta con la creta e il sangue dell’esistenza. Rinunciando alle generalizzazioni e circoscrivendo il campo, diremo che nulla più di questo sembra adattarsi maggiormente al realismo artigianale di Giovanni Giudici

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