Sonia Bellavia

L’ELOQUENZA MUTA –IL SENSO DEL RECITARE AGLI ALBORI DEL CINEMA

ABSTRACT. Al volgere del XIX secolo l’apparizione del cinematografo, che segna l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa, si colloca sullo sfondo di un panorama culturale contraddittorio e eterogeneo. Il nuovo linguaggio, per quanto ancora rudimentale, sembra acuire – più che provocare – la crisi dei linguaggi “tradizionali”, costringendoli a un ripensamento sul loro statuto e sulla propria essenza. La forza dell’immagine silenziosa veicolata dallo schermo cinematografico, in grado di imporsi ciononostante a una platea sconfinata, ribadisce l’insufficienza comunicativa della parola, già avvertita dai fautori di un moderno che tenta di superare la prospettiva logocentrica. Il teatro tardo ottocentesco, tradizionalmente “di parola”: fondato sulla centralità del testo scritto e la presenza viva, corporea e vocale dell’attore, esperisce la crisi in forma forse più acuta e paradigmatica delle altre espressione artistiche e letterarie. Diventa, per questo, il perno dell’articolo, che si propone come una riflessione sulle tematiche appena tratteggiate, mostrando come dal confronto con il nuovo mezzo il linguaggio teatrale esca vivificato, nella ricerca di una ridefinizione della propria natura, dei propri scopi e della propria funzione.

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