Paola Pennisi

ALLE ORIGINI DELLA FOTOGRAFIA SOCIALE: IL TEMA DELL’IMMIGRAZIONE IN RIIS E HINE

In un certo senso si può dire che la storia della fotografia sociale comincia con le grandi immigrazioni che dalla metà dell’Ottocento porteranno milioni di persone dal Vecchio al Nuovo Mondo. Si trattò di un vero fiume di varia umanità che sgorgando contemporaneamente da molti paesi europei scorse impetuoso, attraverso le tappe intermedie dei porti di Londra e Liverpool, e condusse nei luoghi oltreoceano di maggior attrazione: la California in cui era stato scoperto l’oro, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Sud Africa, il Klondike, tutte mete diversamente ‘luccicanti’ (miniere di preziosi, diamanti, metalli nobili, ecc.) di grandi speranze. Una delle prime testimonianze del ruolo svolto dalla fotografia in questa epica saga dello spostamento in massa di intere popolazioni di migranti è contenuto nell’opera di M.A. Root (1864) The Camera and the Pencil. Si tratta di un curioso libro sull’arte della riproduzione eliografica, dagherrotipica e fotografica applicata a tutti i suoi possibili usi. Tra questi spicca proprio il ruolo di ‘collante affettivo’ per coloro i quali erano costretti a separarsi per cercare fortuna migrando verso lidi lontani. La fotocamera è stata, infatti, sempre utilizzata per rafforzare i legami parentali e affettivi degli emigranti, per diffondere notizie e immagini atte a mettere in buona luce le condizioni di vita nei paesi ‘altri’ e favorire, così, le opportunità di emigrazione, e l’assimilazione degli immigrati creandone apposite ‘immagini’.

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